Il vinile è stato al centro di una serata che, proprio a titolo personale, vi confesso, non dimenticherò! L’incontro si è svolto mercoledì al Mondadori Megastore di Piazza del Duomo, grazie all’iniziativa di Carlo Lecchi, grande collezionista e presidente dell’Associazione Vinile Italiana- cultura, costume, collezionismo -, coadiuvato dalla vicepresidente Simonetta Bonfadini e dal segretario Milo Goj. Ma veniamo alle emozioni! All’interrogativo posto dal titolo della serata “Ritorno al Vinile, Moda o Trend”? (sfumatura difficile da cogliere, ma da tradursi come effimero ritorno di fiamma o nuovo futuro per la musica), hanno risposto “dal vivo” alcune delle vere icone che hanno creato e dato lustro all’indimenticata musica anni ’60 e ’70 italiana. Cosa chiedere di più?

VINILE (SHORT) STORY

Prima di immergerci nell’appassionante atmosfera musicale che poi si è creata, è intervenuto Gioacchino La Notte, docente di Storia Contemporanea della Cattolica, per spiegare diverse curiosità, tra cui l’esistenza dei V-Disc nel più recente periodo bellico mondiale. Dopo lo sbarco, gli americani ripristinavano al ritmo della loro avanzata, le stazioni radio oscurate negli anni della dittatura, mettendo in onda questi V-Disc, antenati dei vinili simili ai 78 giri e dal formato un po’ strano. Le canzoni erano registrate su questi supporti da artisti del calibro di Frank Sinatra e Bing Crosby, con l’obiettivo di allietare e sollevare il morale le truppe. Poiché erano stati prodotti senza alcun fine commerciale, tali dischi furono (ahimè) distrutti alla fine del conflitto. E dal V-Disc si passò al Q-disc, cioè un disco a quattro tracce: Buscaglione ne lanciò uno dei primi nel ’56. Qui ne vediamo uno di Lucio Dalla – naturalmente appartenente a un altro periodo temporale – che include 3 suoi pezzi più uno di Carole King.

Più sotto ne citerò uno parlando di uno dei personaggi della serata che più mi sta a cuore. Il 45 giri avrà poi successo dal ’58 in avanti e in particolare ecco l’immagine della hit di Modugno versione americana, con tanto di pronuncia del titolo!

A tutto ciò è seguito un interessante filmato sulla produzione dei vinili di oggi – che potete trovare tra gli archivi di Rai News 24 -: qui viene intervistata un’azienda che ha riaperto i battenti per produrre alcuni vinili per conto di artisti come Tiziano Ferro, Vasco Rossi… la cosa incredibile è che vengono ancora impiegati i pochi macchinari superstiti degli anni ’70, perché a quell’epoca la maggior parte di questa strumentazione fu distrutta! E per sostituire i pezzi, quando si deteriorano? Si aggiustano lavorando al tornio.

DIK DIK, CAMALEONTI, NUOVI ANGELI, DARIO BALDAN BEMBO E ALTRI ANCORA!

Alcuni componenti di questi COMPLESSI musicali – perché all’epoca non si chiamavano band come oggi! – erano al centro della scena ieri sera e ci hanno deliziato con favolosi aneddoti e memorie, letteralmente mandando in visibilio la platea. Chi più di loro ha fatto la storia della musica italiana degli anni ’60 e ’70, rigorosamente stampata su vinile? Carlo Lecchi ci ha pure ricordato che il vinile accontenta più sensi oltre all’udito: il tatto, l’odorato (sì, hanno un certo “profumo” quei dischi) e persino il gusto, se si considera che il prefisso di questo termine ha origine dal latino vinum, poiché sia vino sia vinile contengono alcool etilico. Ha poi ricordato che un paio di successi dei Procol Harum più che celebri, ottennero maggiori consensi in Italia nelle versioni cover dei Camaleonti e dei Dik Dik, tradotte nella nostra lingua e cantata con altrettanta intensità. Pietruccio dei Dik Dik, in un lungo intervento, ha narrato che tutti gli artisti di allora volevano lasciarsi alle spalle la tendenza melodica di cantanti come Nilla Pizzi, Modugno eccetera, e guardavano con interesse alla new wave inglese o d’oltre oceano. Obiettivo: il CAMBIAMENTO.

Una fonte di ispirazione anche per lo stile di vita a tutto tondo: lanciarono in Italia la Beat Generation, espressione artistica “alternativa”, che aveva Jack Kerouac e molti altri, tra gli autori USA di riferimento. Il concetto di Beat come “battere” fu mutuato più avanti dai Beatles. Quale che fosse l’origine, i Beat nostrani non lesinarono – e neanche i giovani di allora – a “esibire” questa rivoluzione espressiva certo, attraverso la musica, ma anche attraverso la moda, la libertà sessuale e persino le pettinature. Il termine che meglio li rappresentava era “i capelloni”. Ma quello che voleva precisare Pietruccio, era che ad attrarre la maggior parte di questi artisti nostrani non fosse lo “sballo”, bensì la pura dedizione alla musica. E che canzoni infatti ci hanno lasciato in eredità!

MARCO FERRADINI E IL SUO TEOREMA

Ascoltando alcuni dei loro successi evergreen con filmati d’epoca, e cantando tutti stile stadio, abbiamo anche seguito le affermazioni degli artisti che ho citato nel precedente titolo: tutti hanno ribadito la qualità delle canzoni di allora, a dispetto di molte di quelle attuali. I giovani, pur incolpevoli, per godere un attimo di celebrità oggi si affidano a quelle macchine “schiacciasassi” che sono i talent. Spesso i loro pezzi non sono memorabili, e raramente sono affascinanti quando interpretati in italiano. Ma non era così all’epoca di “L’Isola di Wight”, “Aria”, “L’ora dell’amore” e nel caso di mille, milioni d’altre hit. E poi che differenza tra vinili e musica che si … “scarica”: non è già curioso e piuttosto negativo come termine? Dopo tutti questi interventi e riflessioni, permettetemi un affondo personale… Ho avuto modo di fare due chiacchiere con un’altra leggenda vivente, Marco Ferradini, autore dell’indimenticato “Teorema”.

Ha affermato quello che in realtà condivido al mille per cento: quella generazione di autori e cantanti, scrivevano e interpretavano perché sentivano di dover dire qualcosa, di narrare storie, le proprie possibilmente. Oggi il primo obiettivo è apparire, diventare una celebrità, anche solo per poco. Concetto che ha poi ripetuto al pubblico: ed ecco il promesso ritorno al sopracitato Q-disc. Ferradini ne produsse uno che includeva anche Teorema, più altri tre pezzi: pensate che tre di questi brani erano nati durante un weekend in montagna in compagnia del compianto e geniale Herbert Pagani. I due scrissero perchè in preda ad autentiche sofferenze di cuore, e non avevano potuto trovare soluzione più appagante che parlarne in musica (se leggete bene il testo, soprattutto il finale, è proprio un inno al sentimento, diversamente da come molti credono!). Potremmo concludere dicendo che come per un teorema, è stato dimostrato che sul vinile sia stata incisa una splendida storia della musica contemporanea. E per il futuro? Al download l’ardua sentenza.